Per retailers senza particolari forze distintive, o che hanno l’obiettivo di conquistare quota di mercato attraverso maggiore visibilità ed attrattività, l’aggressività di prezzo è uno strumento di grande impatto per stimolare il traffico sul punto di vendita. Tale aggressività è più efficace se attivata su marche a “valore segnaletico” per il consumatore, quindi in primo luogo la marca leader
Una preoccupazione che trovo spesso nei Retailers di differenti mercati è relativa al differenziale di margine che gli operatori lamentano di riuscire a generare sulla marca leader, rispetto a quello ottenibile su altre marche.
L’osservazione generalizzata è che sulla marca leader “il margine è sempre più basso rispetto alle altre marche, anche quelle budget”.
Tralasciato che a volte ci si confonde tra ricarico (la differenza tra prezzo sell out e prezzo sell in, espressa come percentuale del prezzo sell in) e margine (la stessa differenza, ma come percentuale del prezzo sell out), e che alcuni valutano il margine in valore assoluto ed altri in percentuale, il fatto che la redditività sulla marca leader sia spesso sotto pressione è decisamente frequente.
In un contesto di sensibilità crescente dei consumatori verso l’economicità, e la riconsiderazione del compromesso prezzo/qualità in un’ottica molto più pragmatica che in passato, la leva del prezzo come arma di differenziazione competitiva ha assunto una rilevanza sempre più importante per il Retailer (purtroppo divenendo talvolta l’unica arma commerciale).
Per Retailers che non hanno particolari forze distintive, o che si pongono l’obiettivo di conquistare quota di mercato attraverso una maggiore visibilità ed attrattività, l’aggressività di prezzo è uno strumento di forte impatto ed in grado di stimolare molto il traffico sul punto di vendita. Ora, per massimizzare il ritorno potenziale, è evidente che tale aggressività è più efficace quando attivata su marche a “valore segnaletico” per il consumatore, cioè dove la sua attenzione è più forte, quindi in primo luogo la marca leader.
Una forte offerta promozionale su marche differenti ha pur un impatto, ma generalmente non è comparabile con quello che si attiva attraverso l’azione sulla marca leader. Da qui la pressione verso il basso dei prezzi sell out che viene generalmente effettuata a titolo promozionale sul leader (ci sono certo casi in cui la forza del leader è talmente forte che i suoi prezzi sell out restano stabili e la domanda comunque resta forte, ma non sono la maggioranza).
Attenzione però a mettere in atto queste manovre in maniera incontrollata perché, se l’impatto in volume sulla marca è importante, lo è anche sul suo margine unitario (che diminuisce): occorre pertanto controllare che il margine globale complessivo aumenti. Se non lo fa, può non essere comunque un problema, posto che il traffico aggiuntivo generato porti ad esempio a vendere servizi o prodotti addizionali, generando il margine differenziale che compensa quello perduto sulla marca promozionata. Altrimenti si deve recuperare margine su altre marche.
E’ importante comunque che il Retailer non dia eccessiva importanza al margine unitario delle singole marche, perché alla fine quello che conta è il margine complessivo totale. Ogni marca ha un suo ruolo all'interno del portafoglio di offerta del Retailer: a marche che possono generare traffico (con un ruolo “civetta”) si affiancano marche in esclusiva o meno battagliate sul mercato, su cui il Retailer può meglio difendere il margine unitario, senza bisogno di ribassi di prezzo.
La gestione del mix marche (e referenze) è una leva strategica, in cui i posizionamenti delle diverse marche si incastrano ed interagiscono a vicenda, in funzione degli obiettivi di marginalità globale aziendale. E non semplicemente di quelli individuali.
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Gianni (venerdì, 01 dicembre 2017 13:53)
Una attenta analisi dei costi di esercizio potrà esssere utile ai fini della determinazione dei margini da applicare , considerando la variabilità del prezzo medio di ogni singola marca .