Opportunismo e cooperazione: Teoria X o Y?

L'individuo è per natura più incline all'opportunismo o alla cooperazione? E quale è l'impatto in azienda?

L’uomo, al fine di perseguire obiettivi personali, può attivarsi da solo o interagire con altri individui.

 

Queste interazioni possono essere saltuarie o continuative, a seconda degli obiettivi; nella seconda tipologia si fanno rientrare le cosiddette “società umane”, organizzazioni strutturate come famiglie, associazioni culturali o religiose, imprese.

 

Nell'interazione, i comportamenti dei singoli devono necessariamente coordinarsi affinché la risultante dalla cooperazione sia superiore alle singole attività individuali; si genera cioè una rendita quando il risultato di 1+1+1 (i contributi dei singoli) porta un risultato maggiore di 3. Attivandosi invece da soli, i singoli avrebbero conseguito un risultato peggiore.

Ovvio che, in un’impresa, orientare e coordinare il lavoro dei singoli in un insieme strutturato sia fondamentale; in un mondo ideale, questo verrebbe favorito da remunerazioni e ricompense  assegnate proporzionalmente agli sforzi individuali. Purtroppo, capita spesso che il contributo dato dal singolo ai risultati di un gruppo non sia facilmente osservabile e quindi scindibile dal contributo degli altri; pesare “oggettivamente” l’importanza del lavoro individuale è cioè piuttosto complesso e può sfociare in arbitrario

 

Proprio perché la misurabilità delle performance individuali può risultare difficoltosa, possono facilmente verificarsi comportamenti opportunistici in qualcuno, miranti ad esempio a contenere il carico di lavoro personale, ingigantire la portata del proprio contributo, andare a “traino” di colleghi che si impegnano più di noi, e così via.

 

Ma il comportamento opportunistico fa parte della natura umana? Cercare di minimizzare gli sforzi, giocare di rendita, speculare sul proprio contributo è cioè innato? Questo è quanto sostiene la Teoria X elaborata da Douglas McGregor. Secondo la Teoria X, il comportamento naturale dell’individuo è opportunistico, mosso da un orientamento speculativo al lavoro, che si traduce in trarre il massimo risultato possibile con il minimo sforzo, e può riguardare ogni livello della gerarchia.

 

Se questo è vero, occorre esercitare una leadership autoritaria, che smuova l’individuo verso obiettivi determinati, cosa che spontaneamente non farebbe, o farebbe inefficacemente. La relazione lavorativa è dunque improntata alla sfiducia.

 

Fortunatamente, lo stesso autore propone la Teoria Y, che invece prevede che la tendenza naturale dell’individuo sia improntata alla cooperazione, e dove si arriva a comportamenti pienamente altruistici (dove il benessere individuale non deriva dall'appagamento economico o di potere, ma da componenti relazionali); in questo caso, uno stile di leadership partecipativo, coinvolgente e motivante sostiene e accelera le performance individuali.

 

Non è tutto bianco o nero; esistono individui che rispondono alla Teoria X come altri che invece appartengono alla Teoria Y. Quello che preme sottolineare è che uno stile di leadership improntato alla diffidenza, come da Teoria X, corre il sicuro rischio di generare la “profezia che si autoverifica”: non mi fido dei miei collaboratori, li gestisco in maniera autoritaria e, anche senza volerlo, genero io stesso per reazione quello che sospetto sia invece innato: sfiducia e opportunismo. Mi tiro la classica zappa sui piedi.

 

E’ più costruttivo quindi partire dall'assunto che gli individui rientrino piuttosto nella seconda tipologia di individui, allo stesso tempo prendendo piena consapevolezza che gli individui non sempre “sposano” per natura l’azienda in tutto e per tutto ma hanno anche obiettivi personali.

Far collimare obiettivi personali e aziendali è frutto di un equilibrio di compromesso, tanto migliore quanto più si mettono in campo energie e iniziative volte a favorire il clima di fiducia reciproco. Alcune attività che vanno in questo senso sono:

  • La condivisione trasparente della visione aziendale di lungo periodo
  • L’appropriazione dei valori guida aziendali
  • La partecipazione, se possibile, alla costruzione degli obiettivi aziendali di breve periodo.
  • Management partecipativo
  • Dialogo e feedback costante sull'operato dei collaboratori
  • Un processo di valutazione il più possibile oggettiva delle performance, sia quantitative che qualitative.

 In conclusione: partiamo dando per scontato che gli individui rientrino naturalmente nella Teoria Y; se verifichiamo che un collaboratore sembra rientrare piuttosto nella Teoria X, prevediamo un percorso di accompagnamento alla responsabilizzazione, osservandolo da vicino nei suoi progressi.