La formazione: investimento o costo?

La formazione che rinnova costantemente le competenze non è più una scelta ma un obbligo: farla bene significa investire con ritorni sul medio periodo, farla male porta solo ad un costo

La formazione del personale è un atto di management di grande rilevanza. Quando i cambiamenti di contesto sono all'ordine del giorno e le sfide sul business sempre più impattanti, rinnovare costantemente le competenze ed i metodi di lavoro non rappresenta più una scelta ma un obbligo per mantenere competitività sul mercato.

 

C’è modo e modo, tuttavia, di utilizzare la formazione per cercare di fare crescere la professionalità aziendale. Farlo bene caratterizza la formazione come investimento con probabili ritorni sul medio periodo, mentre farlo male rappresenta solo un costo.

 

Sono innumerevoli le teorie sulla formazione; per la mia esperienza, elencherò 10 caratteristiche imprescindibili per una formazione utile:

  1. Sensatezza: non si fa formazione solo per farla, ma perché ha un obiettivo, come colmare un “gap” di conoscenza verificato da una apposita diagnosi, veicolare valori aziendali, preparare ad evoluzioni di carriera, introdurre nuovi metodi di lavoro e così via. 
  2. Rilevanza: il tema della formazione impatta concretamente la missione del formato; nei gruppi, deve avere lo stesso livello di importanza per tutti i partecipanti, pena l’insorgere di aree più o meno allargate di disinteresse
  3. Motivazione: la formazione deve dare energia; vanno presentati, condivisi e fatti appropriare dai partecipanti gli effetti positivi della formazione sullo sviluppo personale e professionale di ciascuno
  4. Interazione: il formatore che parla continuamente, senza dialogo, rischia di far annoiare presto tutti, pur se l’argomento è interessante; occorre stimolare la comunicazione bi-direzionale, il coinvolgimento ed espressione di ognuno dei partecipanti
  5. Impegno: la formazione non deve essere relax totale, ma prevedere attività concrete per i partecipanti, che attraverso l’azione si appropriano più facilmente dei contenuti formativi; lavori individuali si possono alternare a lavori di gruppo, per favorire scambio, condivisione e federazione
  6. Equilibrio: innanzitutto nei tempi, evitando l’accumularsi rapido di concetti, teorie o numeri, che ingolfano la testa del partecipante; ma anche nel metodo di conduzione, che per lo stesso motivo deve essere variato e stimolante; infine nel numero di partecipanti, che non deve essere eccessivo, pena il rischio per il formatore di perderne il controllo 
  7. Accessibilità: il contenuto della formazione, specie se complesso, deve venire spiegato in maniera chiara, comprensibile da tutti; non ci deve essere disallineamento tra complessità della formazione e potenziale di apprendimento del personale implicato, ed il formatore deve garantire la massima pazienza nella gestione degli intoppi
  8. Concretizzazione: quanto imparato nella formazione non dovrebbe venire dimenticato una settimana dopo, ma questo purtroppo succede più spesso di quanto non si creda. Occorre allora che i manager verifichino la messa in atto nel tempo di quanto appreso, stabilendo opportuni indicatori
  9. Continuità: una giornata in aula potrebbe anche essere meglio di niente, ma la formazione non deve essere episodica, bensì rappresentare un processo di costante accompagnamento verso l’evoluzione professionale
  10. Credibilità: il formatore deve avere una indubbia padronanza della materia per fronteggiare ogni domanda possibile sul tema in oggetto, ottime capacità espressive e comunicative, grande esperienza nel tenere sotto controllo lo svolgimento della formazione, anche di fronte a partecipanti molto qualificati

È facile tutto questo? No. Meglio dunque non far da sé, se non si hanno le competenze necessarie; nemmeno affidarsi a formatori improvvisati, che rischiano di far più danni che altro. Una formazione davvero utile va studiata bene, preparata bene, messa in atto bene, controllata bene nel suo seguito. Senza dubbio impegnativo, ma irrinunciabile.