Il cambiamento: ci crediamo veramente?

In un mondo in cui ormai vige il paradosso per cui l’unica certezza è che non ci sono più certezze, il saper cambiare diventa un fattore di sopravvivenza

In un mondo in cui ormai vige il paradosso per cui l’unica certezza è che non ci sono più certezze, il saper cambiare diventa un fattore di sopravvivenza.

Tutto si rinnova intorno a noi: i contesti macroeconomici, i mercati, le normative, la tecnologia… e per di più, a velocità crescenti. Il peggio che si possa fare in questo scenario è illudersi che ci sia prima o poi un rallentamento, che il passato possa magicamente tornare, che si debba semplicemente attendere che la tempesta si plachi.

È un atteggiamento passivo che porta al disastro.

 

C’è poi un altro tipo di atteggiamento, in cui si ha consapevolezza del cambiamento in corso e della necessità di affrontarlo, ma non si ha la competenza o la volontà ferrea per farlo organicamente. A volte allora si improvvisa, oppure si procede per piccoli passi che portano risultati marginali, o ancora si identificano bene le piste di evoluzione, poi però nel tempo l’entusiasmo iniziale scema e la messa in atto rallenta fino ad azzerarsi.

 

Il cambiamento non è una opzione, bensì un fattore imprescindibile in ogni business, che non va solo gestito o controllato, ma cavalcato. Certo è molto difficile, perché ogni cambiamento comporta la perdita del comfort garantito dall'abitudine: intraprendere nuove metodologie di lavoro, utilizzare nuovi strumenti, affrontare nuovi mercati, cambiare colleghi o gerarchia comporta fatica mentale e fisica, ed in genere si tende ad evitarlo. Si definisce resistenza al cambiamento e, se non gestita, può portare facilmente al fallimento di ogni programma di cambiamento.

 Il cambiamento continuo deve invece essere fatto percepire in azienda come componente naturale del business, come fattore di differenziazione competitiva, come acceleratore verso lo sviluppo e la crescita. Per farlo occorrono tempo, impegno e competenza; se non si hanno, occorre trovarli.

Il processo di cambiamento attraversa differenti fasi, che riporto sinteticamente:

  1. Diagnosi della posizione competitiva dell’azienda
  2. Identificazione delle aree di cambiamento
  3. Precisazione degli obiettivi da raggiungere
  4. Identificazione degli indicatori di successo
  5. Definizione delle iniziative da adottare
  6. Nomina dei responsabili delle iniziative
  7. Definizione del timing
  8. Definizione delle modalità di controllo dello stato di avanzamento
  9.  Anticipazione dei possibili intoppi e previsione di piani di riserva
  10. Inclusione delle iniziative negli obiettivi individuali di performance (= responsabilizzazione)
  11. Ufficializzazione al personale dei motivi del cambiamento (= consenso)
  12.  Informazione costante sull'avanzamento delle tappe verso il cambiamento (= implicazione) 

In questo quadro, il “committment” della gerarchia è un fattore fondamentale per la riuscita del programma. Un’adesione tiepida del management o di una parte di esso verso il cambiamento non farà che intaccare la motivazione e la spinta degli attori che vi sono implicati. Il committment deve essere testimoniato visibilmente e continuativamente, rimuovendo ostacoli che si frappongono all'avanzamento, rinnovando entusiasmi ed energia, impegnandosi personalmente quando indispensabile.

 

Niente va improvvisato quindi. Il cambiamento, costoso perché impegna risorse di tempo e persone, va visto tuttavia come un investimento perché, se ben ponderato, programmato e gestito, è la formula verso sviluppo e successo.