In periodi di crisi, quando la priorità è la difesa di quota di mercato e redditività, diminuisce la propensione al rischio e si punta esclusivamente al breve termine. Il Marketing rischia così di venire mortificato
In periodi di crisi prolungata, quando la priorità è trincerarsi nel fortino a difesa della quota di mercato e di una redditività sempre più sotto pressione, diminuisce la propensione al rischio da parte delle aziende e si punta esclusivamente al concreto ed al breve termine.
L’aggressività della competizione commerciale sembra forzare senza via di scampo all'immediato, dove non è concesso nessun volo pindarico in riflessioni di veduta più ampia, e dove il commento che si sente spesso è “non c’è tempo”. A volte il tempo manca davvero, ma a volte è solo un alibi.
Una funzione che si è trovata sovente in disequilibrio in questo contesto è il marketing, che ha dovuto fronteggiare forzature verso l’estrema concretezza e rimaneggiamenti di quel respiro strategico che per natura caratterizza la funzione. Troppo spesso il marketing lavora per il domani o dopodomani e molto meno per orizzonti più ampi, con un mix in cui:
- La leva prodotto non riesce più a rinnovarsi come in passato, a motivo di investimenti ridotti
- La leva prezzo ha assunto un ruolo di assoluta preminenza, conseguenza della accentuata ricerca di convenienza da parte del consumatore
- La leva promozione va a ruota del punto precedente, puntando anch'essa dritto alla convenienza
- La comunicazione viene spesso rimaneggiata per finanziare i punti precedenti: l’identità di marca, non più supportata come in passato, finisce per diluirsi
- La distribuzione non è più strettamente una leva di marketing; i canali di vendita hanno oggi sempre più importanza strategica, sviluppano una propria strategia di marketing anche in conflitto con quella delle aziende, necessitano di una gestione più raffinata e dedicata, spesso al di fuori del marketing.
A questo si deve aggiungere che, in contesti multinazionali, la globalizzazione delle strategie di marketing ha pesantemente intaccato il margine di manovra dei manager locali, riducendoli a semplici esecutori di direttive decise altrove. Le aziende lungimiranti si rendono conto del fenomeno e lo gestiscono; altre addirittura lo cavalcano alla ricerca di semplificazione e si impoveriscono di talenti: il loro destino è segnato.
Il marketing può continuare ad avere un ruolo nodale in azienda anche e soprattutto in tempi di crisi, perché deve interpretare le continue evoluzioni di comportamento del consumatore, trovare nuovi spazi di creazione di valore per il cliente e per il consumatore al di fuori del prezzo, promuovere l’utilizzo di modalità più creative di comunicazione del posizionamento di marca, gestire il mix marche e referenze massimizzando la redditività media, e così via. Tutte iniziative che il marketing, con le sue capacità di relazione e di coordinamento delle differenti funzioni aziendali, deve saper gestire. Sempre che i talenti non se ne siano già andati.